Flag_of_the_United_Kingdom.svgSecondo il regolamento di Dublino, le persone che arrivano in Europa con lo scopo di fare domanda di asilo politico devono presentare la domanda nel primo paese europeo in cui mettono piede. Per poter regolare e controllare questo sistema essi hanno l’obbligo di rilasciare le proprie impronte digitali le quali, insieme a una loro fotografia, vengono inserite in un database: il sistema Eurodac.

In questo modo ogni volta che una persona avvia le pratiche per richiedere lo status di rifugiato in uno stato europeo le autorità controllano che questa pratica non sia già stata avviata in un altro stato. Siccome per chi non è un cittadino UE è praticamente impossibile arrivare legalmente in un paese europeo, i paesi che si trovano ai confini dell’Unione sono soggetti a un numero maggiore di ingressi. Con un alto numero di domande da analizzare ed un sistema non sempre efficiente, i tempi per ottenere lo status di rifugiato sono spesso lunghissimi. Per questo motivo, per dei sistemi di accoglienza più efficienti e perché paesi come la Svezia hanno dichiarato che li avrebbero accolti, i profughi siriani (come la maggior parte degli immigrati che arrivano in Europa) prediligono gli stati del nord per ricostruirsi un futuro.

Per fare ciò, bisogna però riuscire ad attraversare i paesi di confine senza rilasciare le proprie impronte. I siriani, siccome l’Italia non riesce a far fronte a un numero elevato di arrivi, riescono nella maggior parte dei casi ad evitare questa pratica. In alcuni casi però, spesso con la forza, le impronte vengono rilevate ed una volta arrivati in Svezia c’è chi si brucia le dita con l’acido o si provoca profondi tagli per non essere identificato e ricondotto in Italia.

Vengono chiamati ‘Dublinati’ tutti coloro che a volte mesi o anni dopo il loro arrivo in uno stato del nord Europa, vengono rimandati a seguito di un’indagine nel primo paese in cui erano stati obbligati a rilasciare le proprie impronte digitali. Ciò avviene spesso dopo mesi di corsi di lingua, ad inserimento scolastico già avvenuto per i bambini e venendo separati dalle proprie famiglie. Una volta rispediti indietro c’è chi riprova a ripartire e c’è chi da zero deve riavviare le pratiche per ottenere la protezione umanitaria.